La Parrocchiale dedicata a S. Margherita VM., viene iniziata nel 1 783 e conclusa nel 1792, su progetto dell'architetto luganese Felice Soave, formatosi presso l'Accademia di Parma, alla scuola del francese Pctitot che qui gettava i primi fondamenti del neoclassico lombardo. La parrocchiale risulta significativa, in quanto assume un ruolo esemplare per gli sviluppi successivi dell'edilizia sacra in Lombardia. Essa realizza in modo evidente gli ideali neoclassici che, prendendo spunto dalla romanità, guardavano ai modelli dei cinquecentisti italiani, in particolare al Palladio ed al Vignola. L'architetto Soave si distingue per la maestria nell'unire l'imponenza della struttura con la cura degli ornamenti. La facciata, d’impianto solenne a otto semicolonne di ordine gigante con capitelli corinzi e frontone dilatato s'ispira chiaramente al Pantheon. L’interno, caratterizzato dall'ampio respiro della volta, della cupola e dell'emiciclo absidale, attrae l'attenzione per l'eleganza e l'armonia delle forme e degli spazi. Le decorazioni della volta sono dei primi '900 e raffigurano, il Cammino di Cristo sulle acque, l'Esaltazione dell'Eucarestia e la Glorificazione di S.Margherita; nei pennacchi delle volte figure di Evangelisti e Profeti. 
Nella seconda cappella laterale destra, la tela eseguita nel 1856 da Marcantonio Mainardi detto il Chiaveghino, raffigurante la S.S.Trinità con la patrona S. Margherita ed i Confratelli della Congregazione. Nella terza cappella di destra, un altare marmoreo della fine del '700, alla parete dopo la cappella una tela di Andrea Mainardi (1599), raffigurante l'Assunzione della Madonna al cielo. Nel presbiterio si erge l'altare marmoreo, che già risente delle influenze neoclassiche della tradizione lombarda dell'ultimo '700.  Sulla parete absidale il coro ligneo di linea semplice ma elegante (1 700-1800) ed una grande pala raffigurante la Vergine Maria in trono con il Bambin Gesù e le sante Marta e Margherita, sempre dipinta da Mainardi. Di grande pregio la sacrestia: apparato ligneo del '600. Alle pareti le quattordici tele della Via Crucis, databile fine '700 ed attribuite al pittore Federico Ferrario. Nei locali della casa parrocchiale è visibile una tela di pregevole fattura che raffigura "La Deposizione' e firmata da Callisto Piazza.

Secondo la tradizione è stato costruito per volontà di un castellano ed adibito a Cappella di corte. L’edificio, che esternamente ha subito diverse trasformazioni, è difficilmente databile, ma esso può essere situato attorno agli ultimi anni del '400.  Nella parte anteriore della chiesetta, un tempo esisteva un portichetto (nartece); aveva tre arcate in facciata e due sui fianchi, rette da pilastrini poggianti su un muretto che fungeva da recinzione e da sedile. Nel '700 quando la Parrocchiale venne costruita, questo portichetto veniva chiuso in modo da aumentare la capienza della chiesetta, l'interno ha invece mantenuto le sue forme originali: è un vano unico, coperto con travature a vista sostenute da archi in muratura, di grande apertura che immette nel presbiterio, concluso a sua volta da un'abside a planimetria poligonale con tazza a spicchi rilevati secondo l'abituale schema del tardo quattrocento. Notevoli gli affreschi che Scoprono le parti murarie, ci sono gruppi di angioletti che reggono i simboli della Passione, mentre sul vasto arco trionfale un Padre Eterno benedicente in gloria d'angeli tra le nubi.  Sul lato sinistro si apre una cappella dedicata alla Madonna nelle cui volte sono situati tre affreschi di pregevole fattura raffiguranti scene della vita della Vergine.  Le figure che hanno più evidenza sono le due Sante affrescate, come in finte nicchie; una di esse è S. Margherita patrona di Pandino, e l'altra è la titolare dell'Oratorio.

La parrocchia di Pandino conserva una antica immagine della Madonna, denominata Beata Vergine Maria del Riposo o del Tommasone, immagine tanto cara alla memoria storica dei Pandinesi e alla loro devozione mariana perché preziosa testimonianza di una apparizione della Madonna nel secolo 

Cenni storici 
 
Antiche cronache parrocchiali testimoniano che nell'anno 1432 un giovane pandinese, di nome Tommaso, era entrato in discordia con il fittabile della vicina cascina Falconera, un certo Gaspare, a motivo di torti ed offese ingiustamente subite.  Tra le ragioni del contendere vi era un ceppo di noce che, falsamente, il fittabile della Falconera rivendicava come suo.  Nella notte tra il sabato e la Domenica in Albis, Tommaso usci verso le ore 22.00 recando con sè alcune braci riposte in una tegola di coccio, con l'intento di dar fuoco alla cascina del rivale. 
Il suo proposito fu però ostacolato da un incontro del tutto inatteso. Poco oltre la soglia di casa, vide una Donna seduta sul suo piedistallo di noce, con in grembo un bellissimo Bambino e dall'altra parte dalla mano sinistra, teneva in mano un libro che, al chiaror della luna, pareva che leggessero". 
Infastidito da quella presenza, rientrò in casa per ritentare l'impresa un po' più tardi. 
Poco dopo uscì di nuovo e, poiché quella "nobile Signora" stava ancora al suo posto, cercò di passare oltre inosservato. 
Ma la donna lo chiamò :"Tommaso dove vai con quella tegola piena di fuoco?" Sentendosi chiamare per nome non poté esimersi dallo spiegare alla donna le sue intenzioni di vendetta. 
Questa, facendo appello alla sua coscienza di cristiano, lo richiamò al perdono evangelico e lo invitò ad andare a letto in pace. 
Tommaso sul momento acconsentì ma, giunto in casa, non riuscendo a sedare il suo animo tormentato dall'odio, tornò sui suoi passi. Incontrando nuovamente quella nobile Signora, il giovane osò domandarle che gli rivelasse la sua identità. Ne ebbe una risposta del tutto inattesa e sorprendente "Sono la Vergine Maria... domani farai la pace col Gaspare della Falconera... voglio che tu vada dal prete e dai capi di Pandino e dirai che questa sia festa di perdono e di pace.  E dirai loro che qui, su questa terra, voglio un tempio dedicato a mio nome...". 
Si era fatta l'alba e Tommaso obbedì in tutto alle richieste della Madre Celeste. 

L'antico Santuario 

Ben presto i Pandinesi vollero dar corso alle richieste della Vergine Maria : nel 1432, dopo l'approvazione ecclesiastica, decretarono la costruzione di un Santuario; nel 1433 posero la prima pietra della chiesa che fu terminata il 9 febbraio dell'anno successivo. 
Nelle relazioni delle Visite pastorali dei Vescovi Cremonesi si parla ripetutamente di questo antico luogo di culto mariano, posto fuori dall'abitato, sulla destra della strada che porta a Rivolta d'Adda. A seguito di alterne vicende storiche e, soprattutto delle cosiddette "leggi eversive" dei secoli scorsi, l'antico Santuario fu espropriato da parte dell'autorità civile, venduto e trasformato in cascinale. 
In quegli anni i Pandinesi, presagendo il peggio, portarono l'immagine della Madonna del Riposo nella chiesa sussidiaria di S.Marta, facendo voto di riportarla appena possibile nella "sua casa". 
Dei vecchio edificio di culto rimangono alcune tracce in un antico casolare agricolo, oggi fatiscente e ridotto in stato di rudere. 
Si tratta di affreschi molto malorati ma di discreta fattura che raffigurano S.Pietro e le Sante patrone di Pandino, Marta e Margherita. 

Documenti storici 

Gli atti che testimoniano l'esistenza dell'antico Santuario chiamato "Oratorio della Beata Vergine Maria del Riposo, del Tommasone o anche dell'Apparizione" sono veramente innumerevoli. 
Il più importante ed antico di tutti risale al 1578.  E' costituito dagli atti di un interessante processo ecclesiastico circa i numerosi miracoli attribuiti alla intercessione della Vergine Maria qui invocata. 

Il nuovo Santuario 

A seguito dello sviluppo urbanistico del quartiere periferico ancora oggi denominato "Tommasone" e, nell'intento di recuperare le radici storiche della devozione alla Madonna del Riposo, la parrocchia si è impegnata a costruire, proprio accanto ai ruderi dell'antico edificio sacro, un nuovo Santuario, circondato da un'ampia area verde e arricchito da una struttura finalizzata alla carità e all'assistenza. Tutto ciò a testimoniare la fiducia dell'intera comunità nell'amore premuroso e materno della Vergine Maria